Olha Vozna - Ucraina

Il programma è stato realizzato in collaborazione con il Ministero dell'Interno - Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione

e con il cofinanziamento del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione 2014-2020



Bosnia-Erzegovina

Popolazione

Nonostante la terribile guerra civile che l’ha recentemente devastata, la Bosnia ed Erzegovina è stata sempre caratterizzata da una sostanziale omogeneità della popolazione, quasi tutta di origine slava, così come una comune origine slava hanno le 3 lingue ufficiali: bosniaco, serbo e croato. Storicamente, le diversità culturali hanno un’origine soprattutto religiosa, per la compresenza di islamismo, cristianesimo ortodosso, cattolicesimo e – fino agli anni Quaranta del XX secolo – giudaismo.

La comunità ebraica. I primi ebrei giunsero in Bosnia dopo l'espulsione dalla Spagna nel 1492; accanto a questo primo nucleo sefardita, nel 1686 si aggiunse un nucleo aschenazita proveniente dall'Ungheria. I turchi ottomani che allora dominavano la Bosnia concessero agli ebrei una autonomia che permise loro di prosperare e i rapporti con le altre etnie erano assolutamente pacifici. Quando, nel 1878, subentrò il dominio austro-ungarico, arrivarono dall'impero altri ebrei aschenaziti. Si stima che nel 1940 vivessero in Bosnia circa 14.000 ebrei; dal 1941, con il governo filonazista croato di Ante Pavelić, ne furono sterminati 10.000, mentre molti dei superstiti entravano nella resistenza jugoslava. Dei circa 2.000 ebrei presenti, al momento dello scoppio della guerra civile degli anni Novanta, una grande percentuale emigrò in Israele; attualmente la comunità conta un migliaio di persone, di cui 700 a Sarajevo.

Fino allo scoppio del conflitto nazionalista (1991-1995), la Bosnia ed Erzegovina veniva considerata come esempio di Paese multietnico in cui si era raggiunta una serena convivenza. I problemi tuttavia erano solo sopiti. Secondo il censimento del 1991, la Bosnia ed Erzegovina era per il 44% bosniaco-musulmana (successivamente per indicare i cittadini bosniaci di religione islamica è stato coniato il termine Bošnjak, bosgnacco), per il 31% serba e per il 17% croata (la maggior parte dei quali in Erzegovina), con il 6% delle persone che si dichiaravano jugoslave (prevalentemente provenienti da matrimoni misti, o "patrioti" jugoslavi). Esisteva anche una forte correlazione tra identità etnica e religione: l'88% dei croati era cattolico, il 90% dei bosgnacchi praticava l'Islam e il 99% dei serbi era ortodosso.

In totale, i musulmani, rispetto all’intera popolazione della Bosnia-Erzegovina, erano quasi la metà. Il titolo di “etnia” alla popolazione di fede islamica, o di tradizione islamica, era stato riconosciuto nel 1961 dal governo della Federazione Jugoslava di Tito, come riconoscimento di diritti analoghi alle altre comunità (serba, croata, slovena, macedone, ...).

Secondo i dati (aggiornati al 2013) del CIA World Factbook, attualmente, nel Paese, il 48,4% è bosgnacco, il 32,7% serbo, il 14,6% croato e il restante 4,3% è formato da altri. A livello religioso 

rimane una notevole corrispondenza: il 40% si dichiara musulmano, il 31% ortodosso e il 15% cattolico.

La nuova aggregazione amministrativa ha le sue basi nelle operazioni di pulizia etnica messe in atto nel corso del conflitto, che hanno determinato una più netta divisione territoriale fra quelle etnie che prima vivevano integrate, anche se in alcune aree era predominante la presenza dell'una o dell'altra.

Una stima del 2000 valutava la popolazione pari a circa 3.972.000 abitanti e quindi notevolmente inferiore a quella registrata dal censimento del 1991 (4.377.033 abitanti). Si calcola che, tra il 1992 e il 1995, ci siano stati 260.000 morti, vittime della guerra civile, e 2.100.000 persone costrette a lasciare il Paese e a rifugiarsi in Croazia, in Jugoslavia e in molti Paesi stranieri.

Anche se molti sono rimasti all'estero, dal 1998 i profughi hanno cominciato a rientrare. Nel 1999, in seguito ai bombardamenti della NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia, si è avuto un afflusso di 80.000 rifugiati: albanesi dal Kosovo, musulmani verso la Federazione, serbi verso la Repubblica serba. Per la Bosnia ed Erzegovina, il problema dei profughi ha rappresentato uno dei problemi più gravi.

Il Paese è caratterizzato da una bassa densità demografica, un tasso di fecondità simile a quello dell'Europa economicamente avanzata e da una forte dispersione abitativa, con una popolazione urbana tra le più basse d'Europa.

In seguito alla guerra, la struttura degli insediamenti è cambiata radicalmente. Molte città (tra cui la stessa Sarajevo e Tuzla) che fungevano da poli regionali, hanno perduto il proprio hinterland tradizionale, assegnato ad un’altra entità. Lo Stato, infatti, dopo il 1995 è stato tagliato da confini interni sulla base della situazione militare esistente al momento della firma degli accordi, e non su esigenze funzionali.

Capitale della Bosnia-Erzegovina, della Federazione e dell'etnia croato-musulmana, è la città di Sarajevo. La città, durante il conflitto, ha subìto gravissimi danni sia a livello strutturale sia per la perdita di fondamentali testimonianze della sua memoria storica, come la Biblioteca nazionale; godendo però dell’assistenza internazionale in misura molto maggiore rispetto alle altre località, è stata in gran parte ricostruita e rinnovata.

Seconda città del Paese è Banja Luka, capitale della Repubblica serba, seguita da altri centri urbani, tutti di dimensioni inferiori ai 100.000 abitanti, tra cui Zenica, Tuzla e Mostar, conosciuta anche per il suo antico ponte bombardato durante la guerra e poi ricostruito nel 2004 grazie a finanziamenti internazionali.

La popolazione del Paese è di circa 3.860.000 abitanti, per il 40% circa residente nelle città. Il tasso di crescita demografica è tendenzialmente negativo (-0,13 nel 2015 secondo il CIA World Factbook).

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