[an error occurred while processing this directive]
[an error occurred while processing this directive]

Le parole più usate nel 2013

Pubblichiamo interamente un articolo molto interessante a firma di Michele A. Cortellazzo, apparso su "Il piccolo" del 28 dicembre nel quale l'autore fa il punto della situazione relativo alle parole di moda, a quelle più usate e ai neologismi emersi nell'anno appena trascorso.
Il resoconto raccoglie i dati emersi dalle indagini dei quotidiani "Repubblica", il "Corriere della Sera", dalla trasmissione "La lingua batte" di Radio Tre e dalla casa editrice Zanichelli.

Questo è il link all'articolo






Le parole più usate nel 2013

di MICHELE A.CORTELLAZZO

Tra i mille bilanci o sondaggi di fine anno, non potevano mancare quelli sulle parole più significative. Si sono mossi in molti, da «Repubblica» al «Corriere della sera», dalla trasmissione radiofonica «La lingua batte» alla casa editrice leader della lessicografia italiana, la Zanichelli. Ognuno si sta occupando della «parola dell'anno» da un'ottica, e con una metodologia, diversa.

«La lingua batte», la trasmissione di Radio Tre del sabato pomeriggio che dal 12 gennaio, con un buon successo di ascolti, si occupa della lingua italiana, ha chiesto a cinque esperti di trattare una parola ritenuta significativa per l’anno che sta finendo.

Gianni Adamo ha scelto esodati, Cristiana De Santis autorità, Gabriella Alfieri verso, Giuseppe Antonelli apericena e io stesso divisivo. Di questi, nessuno è un neologismo, neppure apericena («aperitivo, servito insieme con una ricca serie di stuzzichini e assaggini, che può servire anche da cena») né divisivo, che sono attestati già nei primi anni di questo secolo (divisivo va ancora più indietro nel tempo, nel significato generico di «capace di dividere», mentre è di questo secolo nel senso «che crea divisioni o contrapposizioni»).

Su Facebook, «La lingua batte» ha anche lanciato un sondaggio, per conoscere le parole più brutte dell’anno. Ecco la classifica che ne è scaturita: attenzionato, apericena, assolutamente sì, all’insegna, quant’altro, un attimino, efficientare, implementare, attenzionare, quantizzare: tranne che per apericena, non si tratta di una lista di parole recenti, ma di un elenco di stereotipi dell’italiano contemporaneo, diffusi, e spesso criticati, ormai da un certo numero di anni.

Anche il «Corriere della Sera», nello stilare la sua classifica, ha optato per una lista corta, proponendo ai propri lettori solo cinque parole (femminicidio, la più votata, imu, populismo, selfie, streaming): un mix di parole di lunga durata, come populismo, parole in uso da anni, come streaming, parole certamente più recenti, come imu, fem(m)inicidio, che però ha una lunga storia carsica fatta di apparizioni, scomparse e riemersioni e selfie «fotografia fatta a se stessi in genere con uno smartphone», già giudicata dall’Oxford Dictionary come la parola inglese più significativa del 2013.

Più ampia la lista sottoposta da «Repubblica» al giudizio dei suoi lettori: costituzione, decadenza, redditometro, crisi, forconi, invisibili, baby squillo, femminicidio, svapa, selfie, whatsapp, twerking.

Anche qui parole consolidate, che rappresentano concetti rivelatisi cruciali nel 2013 (costituzione, decadenza, crisi), si affiancano a parole nuove o di moda, come svapa, selfie, whatsapp, twerking, ed anche forconi, nel senso protestatario assunto di recente.

Addirittura 20 le voci proposte dalla Zanichelli (arrosticìno, dàspo, disappartenenza, dissociale, gabbio, giassai, inciuciare, lambreta, palliativista, ponziopilatesco, rinaturazione, sardità, schicchera, tanoressia, tontaggine, trucibaldo, urbicidio, volpasco, zerbinaggio). Sono scelte autoreferenziali, fatte dichiaratamente con una logica del tutto interna al lavoro redazionale dello Zingarelli: si tratta di alcune delle parole inserite quest’anno per la prima volta nel Vocabolario della Lingua Italiana.

In quanto tali, hanno ben poco a che fare con l’attualità linguistica; testimoniano, invece, dell’incessante lavoro di aggiornamento del vocabolario sviluppato, anno per anno, dai redattori dello Zingarelli: così, tra le parole inserite per la prima volta nel 2013 ci sono anche parole dalla lunghissima storia, come arrosticino attestato per la prima volta nel 1498, o volpesco presente nella nostra lingua dal 1634.

Come si vede, solo due parole sono incluse in più di una lista (femminicidio e selfie): chiaro indice della soggettività delle scelte e dell’infondatezza scientifica di queste classifiche, al punto che il linguista Raffaele Simone ha commentato così, in Facebook, il sondaggio avviato da «Repubblica»: «sappiate, care amiche e amici, che la linguistica non è questo».

Non c’è dubbio: sottoporre a sondaggio una lista di parole scelte con metodi poco trasparenti non è certo linguistica.

Ma è linguistica osservare l’andamento degli usi lessicali, l’emergere, talvolta rapido e impetuoso, di neologismi e di parole di moda, e poi, magari, il loro altrettanto rapido eclissarsi.

Per farlo seriamente occorre, però, avere metodo, capacità di raccogliere adeguati corpora, saperli elaborare, sapere interpretare i risultati che emergono dal trattamento dei dati. È quello che fa l’Oxford Dictionary per indicare la parola dell’anno: selfie è una parola usata dal 2002, ma che nell’ultimo anno ha incrementato del 17% la sua frequenza. L’Oxford Dictionary può dirlo, perché dispone di un corpus di circa 150 milioni di parole di inglese corrente in uso ogni mese.

Oggi, le tecniche di raccolta e analisi statistica di grandi quantità di dati ci possono aiutare a riconoscere gli andamenti del lessico di una lingua. Nel 2010 una équipe statunitense, sponsorizzata da Google, ha delineato alcuni andamenti dello sviluppo storico del lessico inglese, francese, spagnolo, tedesco, russo ed ebraico.

Nel 2012, due studiose italiane, Arjuna Tuzzi dell’Università di Padova e Matilde Trevisani, dell’Università di Trieste, hanno presentato al congresso dell’associazione internazionale di linguistica quantitativa a Belgrado nuovi modelli per l’analisi dello sviluppo cronologico del lessico di una lingua. È probabile che nel giro di pochi anni avremo dei metodi consolidati per delineare lo sviluppo lessicale delle lingue sulla base di dati raccolti sistematicamente.

Per ora, siamo ancora condannati alla soggettività e ci dobbiamo accontentare delle scelte di chi fornisce a giornali, editori, emittenti radiofoniche indicazioni sulle parole che nell’arco di dodici mesi sono apparse più interessanti.

Non può trattarsi che di un gioco. Ma se chi conduce il gioco ha fiuto per il funzionamento della lingua, e della cultura rappresentata dalla lingua, il gioco può comunque risultare interessante.
[an error occurred while processing this directive]