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Note di regia

Gianni Lepre

Cesare Mori. Un uomo tutto d'un pezzo, coraggioso, sempre pronto all'azione. Deciso e incorruttibile. Tanto nella lotta contro la mafia, quanto nel contrastare, da Prefetto di Bologna, l'ascesa squadrista che si faceva beffe delle istituzioni.

La figura, quindi, di un integerrimo funzionario dello stato. Certo una utile chiave di lettura per inquadrare correttamente un personaggio storico conosciuto ai più come nemico giurato della mafia.

“Non può essere perfettamente forte nel mondo se non chi è solo” è, d'altro canto, uno dei pensieri del Prefetto di Ferro che più mi ha fatto riflettere per cercare di costruire, anche visivamente, una figura che certo non è possibile inquadrare soltanto in una dimensione di risoluto servitore dello stato. Le azioni, anche quelle più controverse, e le motivazioni più profonde di Cesare Mori si possono delineare con una luce più chiara attraverso lucide e consapevoli convinzioni come quella sopra citata. Perché, dopotutto, tutto ciò che ha mosso l'operato di Cesare Mori, offre il destro ad una riflessione sul potere e sulla sua gestione ma, dal mio punto di vista, soprattutto sull'ingenuità dell'ideale e sulla strumentalizzazione stessa dell'ideale. Cosa si è disposti a fare, a che compromessi si è costretti a scendere pur di raggiungere il proprio obiettivo? Mori è certo stato un acerrimo nemico della mafia, contro la quale ha sempre lottato, è sceso a patti con il fascismo per avere totale mano libera nella conduzione della sua battaglia? E quanto il fascismo e lo stesso Mussolini hanno potuto sfruttare questa spinta ideale per assecondarla ai propri obiettivi? Su questo dualismo tematico si articolano volutamente molti dei momenti di racconto della miniserie.

Mori è un precursore di tutti coloro che, a iniziare da Joe Petrosino, hanno fatto della guerra alla mafia una ragione di vita. Le sue note operazioni in Sicilia restano una lezione di dedizione e determinazione.

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