Quello di Giuseppe Verdi per Shakespeare fu un sentimento profondo, un amore ideale che il musicista tentò più volte di concretizzare e che conta, tra abbozzi e progetti realizzati, almeno sei titoli ("Macbeth", "Otello", "Falstaff", "Amleto", "La Tempesta" e "Re Lear").

L'interesse del musicista per il mondo drammaturgico del poeta - mediato naturalmente dalla traduzione dei letterati italiani - sorge soprattutto dalla comune attrazione per temi come l'amore e il potere, e dall'osservazione dell'uomo davanti a questi elementi, spesso in dialettico contraddittorio rapporto reciproco: il contrasto drammatico che da Shakespeare arriva alla fantasia creativa di Verdi è sempre comunque quello che si svolge all'interno della coscienza dei personaggi.

"Macbeth" si pone all'inizio di questo percorso; il carteggio tra Verdi e il librettista Francesco Maria Piave testimonia l'insistenza del musicista nell'esigere una prosa concisa il più possibile, che arrivi direttamente al nucleo del senso drammatico: "Eccoti lo schizzo del Macbeth. Questa tragedia è una delle più grandi creazioni umane!.......Se noi non possiamo fare una gran cosa cerchiamo di fare una cosa almeno fuori dal comune. Lo schizzo è netto; senza convenzione, senza stento, e breve. Ti raccomando i versi, che essi pure siano brevi: quanto più saranno brevi tanto più troverai effetto".

Piave non comprenderà appieno le richieste di Verdi (che in seguito aggiungerà al lavoro del librettista quello di Scipione Maffei), la necessità di un testo scarno ed essenziale in cui si concretizzi quella "parola scenica" in grado di tradurre al meglio la situazione tragica; Verdi inoltre rispetta talmente la poetica del dramma shakespeariano da anteporla al valore puro della bellezza sonora: si ricorda infatti che per il diabolico ruolo di Lady Machbeth egli rifiutò cantanti con la voce "troppo bella".

Tanto Verdi era fedele al dramma quanto per un cantante dell'epoca era invece disdicevole dover solo apparire senza cantare; così il compositore commentò il rifiuto oppostogli dal basso che aveva il ruolo di Banco di fare la parte dell'ombra: "Mi spiace che chi farà la parte di Banco non voglia fare l'ombra! E perché?... I cantanti devono essere scritturati per cantare ed agire."

La considerazione di Verdi per azione, testo e situazione drammaturgica si deduce anche dalle indicazioni che il musicista rivolse al cantante Felice Varesi, primo interprete del protagonista: "Io non cesserò mai di raccomandarti di studiare bene la posizione e le parole: la musica viene da sé. Insomma, ho piacere che servi meglio il poeta del maestro".

Macbeth è un'opera visionaria e concreta insieme, in cui la luce e il colore sono parte integrante del dramma: meglio ancora, si fanno simbolici e significanti sia l'oscurità dell'ambientazione - cui corrisponde la tenebra interiore dei personaggi - che il rosso del sangue e il pallore diafano e incorporeo delle numerose, allucinate apparizioni.

Allestita per il teatro della Pergola di Firenze nella stagione del 1847, l'opera ebbe, come riportano le critiche del tempo, "Benevola accoglienza; ma più in riguardo all'autore presente che alla musica, la quale non piacque che per metà."

Alcuni anni dopo Macbeth viene richiesta dal Theatre Lyrique di Parigi dove verrà ripresa nel '65 con varie modifiche; la prima parigina subì numerose critiche alle quali Verdi così risponde: "...Può darsi che io non abbia reso bene il Macbeth, ma che io non conosco, che io non capisco e non sento Shakespeare, no; per Dio, no. È un poeta di mia predilezione, che ho avuto fra le mani dalla mia prima gioventù e che leggo e rileggo continuamente."

La predilezione di Verdi per questa sua opera si evince dalla dedica all'amato suocero Antonio Barezzi: "Ora eccole questo Macbeth che io amo a preferenza delle altre mie opere e che quindi stimo più degno d'essere presentato a Lei."