Antonio Pappano: Haydn Concerto per tromba, Omar Tomasoni tromba

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    AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA
    Sala Santa Cecilia
    Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

    Antonio Pappano
    direttore

    Omar Tomasoni
    tromba

    Franz Joseph Haydn
    (Rohrau 1732 - Vienna 1809)
    Concerto in mi bemolle maggiore
    per tromba e orchestra

    Allegro
    Andante cantabile
    Finale. Allegro
    Data di composizione
    1796
    Organico
    Tromba solista,
    2 Flauti, 2 Oboi,
    2 Fagotti, 2 Corni,
    2 Trombe, Timpani, Archi

     

    Le musiche in programma
    di Giovanni D’Alò
    Tratto dal programma di sala dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

    Il Concerto per tromba di Haydn
    Ben noto a tutti i trombettisti, per i quali insieme al Concerto di Hummel rappresenta un banco di prova obbligatorio, il Concerto per tromba e orchestra in mi bemolle maggiore di Joseph Haydn non è solo uno dei vertici dell’intero repertorio per tromba solista, ma ricopre al suo interno un ruolo decisivo nello sviluppo della tecnica strumentale. Fu infatti scritto, nel 1796, su misura per la nuova tromba a chiavi messa a punto da Anton Weidinger, amico di Haydn e trombettiere dell’esercito imperiale viennese. Weidinger aveva cominciato a lavorare sull’inedito meccanismo tre anni prima: diversamente dalla tromba “naturale” (la cosiddetta tromba clarino) fino ad allora in uso, il nuovo strumento disponeva ora di un sistema di quattro leve (o “chiavi”) per aprire e chiudere agevolmente i fori. Questo permetteva di poter suonare, anche velocemente, tutti i semitoni della scala cromatica a partire dal mi bemolle, per un’estensione di oltre due ottave. Una vera svolta che avrebbe portato rapidamente fino alla moderna tromba a pistoni.

    All’interno del cospicuo catalogo haydniano il Concerto per tromba rappresenta l’ultimo lavoro per strumento solista e orchestra nonché, a un anno esatto dalla Sinfonia “London”, l’ultimo lavoro puramente strumentale, concepito per un organico decisamente “sinfonico” con una sezione di fiati che oltre alla consueta coppia di flauti, oboi, corni e fagotti, conta anche due trombe più i timpani. Malgrado tale generosità timbrica, per il Robbins Landon il Concerto è “l’opera meno riuscita della vecchiaia”; d’altra parte, aggiunge, “Haydn non fu mai completamente a suo agio con la forma del Concerto”, salvo infine riconoscere che si tratta comunque della “più bella composizione del genere”, impensabile in tutta la precedente carriera di Haydn se non fosse stato per l’invenzione di Weidinger che, peraltro, non suonò in pubblico la composizione prima del marzo del 1800, probabilmente per problemi tecnici di messa a punto.

    Formalmente Haydn non si pone particolari problemi e adotta tranquillamente lo stereotipo tripartito, con alcuni debiti verso il Mozart dei Concerti per pianoforte e orchestra più maturi. Nell’Allegro gli archi introducono il primo tema, dall’incedere sommesso ma scorrevole, che lascia subito filtrare echi militareschi. L’entrata della tromba ne ricalca il profilo, giocando subito su quello che all’epoca doveva essere un effetto sorpresa facendo intonare al solista figurazioni diatoniche e cromatiche che non sarebbero state possibili su una tromba naturale in mi bemolle, soffermandosi poi di preferenza su fraseggi legati. Passaggi ritmicamente più veloci ed esercizi cromatici fanno la loro comparsa nella fase di sviluppo, culminante in una cadenza che permette alla tromba di svettare in tutta la sua inedita brillantezza, sfoggiando abilità nell’affrontare registri contrastanti, rapide progressioni e volatine diatoniche.

    Nel secondo movimento (Andante cantabile) è facile riconoscere l’avvio di quello che l’anno successivo (1797), plasmato dallo stesso Haydn, diventerà l’inno nazionale austriaco. Il vero motivo di interesse di questa breve oasi serena sono però le ampie arcate melodiche, di notevole impegno per il solista, disegnate sopra un caratteristico andamento lirico “alla siciliana”; soprattutto incisive, e quasi compiaciute nella loro dilatazione, appaiono ora le figurazioni cromatiche, mentre i delicati sforzando in controtempo riportano alla mente analoghi passaggi nel movimento lento della Sinfonia “London”.

    Il concerto si chiude quindi con un vispo Allegro in forma di Rondò. Haydn recupera qui la sua identità stilistica con artifici contrappuntistici in chiave giocosa, lasciando libera la tromba di eseguire in scioltezza gli ampi salti melodici e le rapide figurazioni che caratterizzano i vari episodi.

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