Fuori orario

Dal 28 agosto al 3 settembre 2016

In onda dal 28 agosto al 3 settembre 2016

 

Domenica 28 agosto      2016   RAI3            dalle 1.40 alle 6.00  (260’)

Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Fumarola Giorgini Luciani Melani Turigliatto

presenta

 

THE LIMITS OF CONTROL

(Id., USA, 2009, col., 111’08”)

Regia: Jim Jarmusch  

Con: Isaach De Bankolé, Bill Murray, Tilda Swinton , Gael García Bernal, Hiam Abbass, Paz de la Huerta , Alex Descas, John Hurt, Youki Kudoh , Jean-François Stévenin, Óscar Jaenada , Luis Tosar

Lone Man è un killer solitario, schivo  e senza nome  che si muove tra Madrid e l’Andalusia con lo scopo di portare a termine una missione non precisata, scandita dal ritrovamento apparentemente casuale di codici cifrati . Anche gli altri personaggi che incontra nel corso del suo viaggio senza chiara direzione sono senza nome, definiti solo da un ruolo o da una caratteristica (la bionda, l’americano, il francese, il chitarrista…).    Road movie come falso movimento, storia di una fuga senza apparente direzione, The Limits of Control  riassume e rilancia in chiave noir,  quasi in un’ipnotica e alterata  ripetizione  la filmografia precedente del regista.

 

BROKEN FLOWERS

(Id., USA 2005, col., 101’21”)

Regia: Jim Jarmusch

Con: Bill Murray, Jeffrey Wright, Sharon Stone , Frances Conroy,  Jessica Lange,   Tilda Swinton,   Julie Delpy, Alexis Dziena,   Christopher McDonald,  Brea Frazier,   Chloë Sevigny,   Mark Webber

Playboy impenitente sulla sessantina, Don Johnston è appena stato lasciato da Sherry, la sua ultima conquista. Un giorno riceve una lettera anonima da una delle sue ex amanti, che gli comunica che suo figlio, un ragazzo diciannovenne che non ha mai conosciuto, si è messo sulle sue tracce. Su consiglio del suo migliore amico Winston, detective per hobby, decide di condurre lui stesso un'indagine per svelare l’identità della donna che ha inviato la lettera e si mette in viaggio attraverso un’America nascosta alla ricerca degli amori perduti della sua vita.  Dedicato dal regista al grande Jean Eustache, il film ha vinto il gran premio della giuria al festival di Cannes

 

 

 

 

 

Venerdì  2 settembre    2016   RAI3    dalle 1.30 alle 6.00  (270’)

Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Fumarola Giorgini Luciani Melani Turigliatto

 

presenta

 

TO THE WONDER

(id. , USA 2012, col., 127’)

Regia: Terrence Malick

Con: Ben Affleck, Olga Kurylenko, Rachel McAdams, Javier Bardem

Neil conosce a Parigi Marina, una giovane donna ucraina, divorziata e madre di una bambina di dieci anni. Tra i due nasce una grande storia d'amore che li porterà a viaggiare in Francia fino a Mont Saint-Michel (una volta conosciuta in Francia come “la meraviglia”). Marina e Neil  si trasferiscono in un piccolo centro dell'Oklahoma, dove la coppia dopo alti e bassi finisce per entrare in crisi. Marina conosce un prete spagnolo, anche lui straniero, che non è più sicuro della propria vocazione ed è tormentato dai dilemmi interiori sulla propria fede. Neil, nel frattempo diventato tecnico specializzato in disastro ambientale,  riallaccia i rapporti con una  sua amica d’infanzia, Jane. Un’esplorazione dell’amore nelle sue molteplici forme, presentata a Venezia in concorso nel 2012.

 

L’AUSTRALIANO (THE SHOUT)                    

(The Shout, Gb 1978, col, 86’)

Regia: Jerzy Skolimowski

Con: Alan Bates, Susannah York,, John Hurt

Un uomo può uccidere col proprio urlo. Una partita di cricket in un manicomio. Un adulterio. Lo Skolimowski più accelerato e dissonante. Omaggio di Fuori Orario a Jerzy Skolimowski, Leone d’Oro alla Carriera.

"Quello che mi ha affascinato nella storia è l'ambiguità e il senso dell'assurdo. Penso che siamo circondati dall'ambiguità, il doppio senso è visibile ovunque. Non dimentichiamo che ero un poeta, la mia mente si è formata alla scuola delle associazioni poetiche. Per questo non ho paura di allontanarmi dalla narrativa diretta e mi sento a mio agio in una storia che ti spinge a credere e a non credere al tempo stesso. Per quanto riguarda l'assurdo, anche in questo caso ne siamo circondati, e io mi limito a esplorare la mia percezione di ciò che mi sta attorno. Lavorare su quel soggetto era come tagliare un cristallo, con degli angoli, delle rifrazioni, un aspetto caleidoscopico, come dei frammenti di sogno assemblati in una struttura molto strana che non si può afferrare logicamente, ma che colpisce tutti i sensi. Credo che lo stesso effetto sia stato ottenuto con il montaggio." (Jerzy Skolimowski, interviste a "Sight and Sound", estate 1978 e "Positif", gennaio 1979) . "I giochi erotici tra due uomini e una donna, in The Shout, riportano indietro a un altro film, Il coltello nell’acqua, e in generale rivelano una cattiveria che è più caratteristica di Polanski che di Skolimowski. Ciò che appartiene interamente a Skolimowski, invece, sono i canali di comunicazione che corrono a zig zag attraverso l'intreccio, connessioni insolite ma più concrete dei discorsi sulla magia e il sovrannaturale. Il tintinnio del bicchiere, il luccichio degli specchi, l'impatto molto reale dei suoni non solamente l'urlo di Crossley, ma Anthony che 'crea' sua musica mediante un vassoio pieno di palline, il calzolaio che batte col martello su un paio di scarpe lasciano intendere una vita che va incontro ad assurde contraddizioni con la quella di ogni giorno." (Richard Combs, Riti di passaggio, in Jerzy Skolimowski, Lindau, Torino 1996) "Quello che mi ha affascinato nella storia è l'ambiguit` e il senso dell'assurdo. Penso che siamo circondati dall'ambiguit`, il doppio senso è visibile ovunque. Non dimentichiamo che ero un poeta, la mia mente si è formata alla scuola delle associazioni poetiche. Per questo non ho paura di allontanarmi dalla narrativa diretta e mi sento a mio agio in una storia che ti spinge a credere e a non credere al tempo stesso. Per quanto riguarda l'assurdo, anche in questo caso ne siamo circondati, e io mi limito a esplorare la mia percezione di ciò che mi sta attorno. Lavorare su quel soggetto era come tagliare un cristallo, con degli angoli, delle rifrazioni, un aspetto caleidoscopico, come dei frammenti di sogno assemblati in una struttura molto strana che non si può afferrare logicamente, ma che colpisce tutti i sensi. Credo che lo stesso effetto sia stato ottenuto con il montaggio." (Jerzy Skolimowski, interviste a "Sight and Sound", estate 1978 e "Positif", gennaio 1979)

"I giochi erotici tra due uomini e una donna, in The Shout, riportano indietro a un altro film, Noz w wodzie, e in generale rivelano una cattiveria che è più caratteristica di Polanski che di Skolimowski. Ciò che appartiene interamente a Skolimowski, invece, sono i canali di comunicazione che corrono a zig zag attraverso l'intreccio, connessioni insolite ma più concrete dei discorsi sulla magia e il sovrannaturale. Il tintinnìo del bicchiere, il luccichìo degli specchi, l'impatto molto reale dei suoni non solamente l'urlo di Crossley, ma Anthony che 'crea' sua musica mediante un vassoio pieno di palline, il calzolaio che batte col martello su un paio di scarpe lasciano intendere una vita che va incontro ad assurde contraddizioni con la quella di ogni giorno." (Richard Combs, Riti di passaggio, in Jerzy Skolimowski, Lindau, Torino 1996) Quello che mi ha affascinato nella storia è l'ambiguit` e il senso dell'assurdo. Penso che siamo circondati dall'ambiguit`, il doppio senso è visibile ovunque. Non dimentichiamo che ero un poeta, la mia mente si è formata alla scuola delle associazioni poetiche. Per questo non ho paura di allontanarmi dalla narrativa diretta e mi sento a mio agio in una storia che ti spinge a credere e a non credere al tempo stesso. Per quanto riguarda l'assurdo, anche in questo caso ne siamo circondati, e io mi limito a esplorare la mia percezione di ciò che mi sta attorno. Lavorare su quel soggetto era come tagliare un cristallo, con degli angoli, delle rifrazioni, un aspetto caleidoscopico, come dei frammenti di sogno assemblati in una struttura molto strana che non si può afferrare logicamente, ma che colpisce tutti i sensi. Credo che lo stesso effetto sia stato ottenuto con il montaggio." (Jerzy Skolimowski, interviste a "Sight and Sound", estate 1978 e "Positif", gennaio 1979)

"I giochi erotici tra due uomini e una donna, in The Shout, riportano indietro a un altro film, Noz w wodzie, e in generale rivelano una cattiveria che è più caratteristica di Polanski che di Skolimowski. Ciò che appartiene interamente a Skolimowski, invece, sono i canali di comunicazione che corrono a zig zag attraverso l'intreccio, connessioni insolite ma più concrete dei discorsi sulla magia e il sovrannaturale. Il tintinnìo del bicchiere, il luccichìo degli specchi, l'impatto molto reale dei suoni non solamente l'urlo di Crossley, ma Anthony che 'crea' sua musica mediante un vassoio pieno di palline, il calzolaio che batte col martello su un paio di scarpe lasciano intendere una vita che va incontro ad assurde contraddizioni con la quella di ogni giorno." (Richard Combs, Riti di passaggio, in Jerzy Skolimowski, Lindau, Torino 1996) Quello che mi ha affascinato nella storia è l'ambiguit` e il senso dell'assurdo. Penso che siamo circondati dall'ambiguit`, il doppio senso è visibile ovunque. Non dimentichiamo che ero un poeta, la mia mente si è formata alla scuola delle associazioni poetiche. Per questo non ho paura di allontanarmi dalla narrativa diretta e mi sento a mio agio in una storia che ti spinge a credere e a non credere al tempo stesso. Per quanto riguarda l'assurdo, anche in questo caso ne siamo circondati, e io mi limito a esplorare la mia percezione di ciò che mi sta attorno. Lavorare su quel soggetto era come tagliare un cristallo, con degli angoli, delle rifrazioni, un aspetto caleidoscopico, come dei frammenti di sogno assemblati in una struttura molto strana che non si può afferrare logicamente, ma che colpisce tutti i sensi. Credo che lo stesso effetto sia stato ottenuto con il montaggio." (Jerzy Skolimowski, interviste a "Sight and Sound", estate 1978 e "Positif", gennaio 1979)

"I giochi erotici tra due uomini e una donna, in The Shout, riportano indietro a un altro film, Noz w wodzie, e in generale rivelano una cattiveria che è più caratteristica di Polanski che di Skolimowski. Ciò che appartiene interamente a Skolimowski, invece, sono i canali di comunicazione che corrono a zig zag attraverso l'intreccio, connessioni insolite ma più concrete dei discorsi sulla magia e il sovrannaturale. Il tintinnìo del bicchiere, il luccichìo degli specchi, l'impatto molto reale dei suoni non solamente l'urlo di Crossley, ma Anthony che 'crea' sua musica mediante un vassoio pieno di palline, il calzolaio che batte col martello su un paio di scarpe lasciano intendere una vita che va incontro ad assurde contraddizioni con la quella di ogni giorno." (Richard Combs, Riti di passaggio, in Jerzy Skolimowski, Lindau, Torino 1996)  "Quello che mi ha affascinato nella storia è l'ambiguit` e il senso dell'assurdo. Penso che siamo circondati dall'ambiguit`, il doppio senso è visibile ovunque. Non dimentichiamo che ero un poeta, la mia mente si è formata alla scuola delle associazioni poetiche. Per questo non ho paura di allontanarmi dalla narrativa diretta e mi sento a mio agio in una storia che ti spinge a credere e a non credere al tempo stesso. Per quanto riguarda l'assurdo, anche in questo caso ne siamo circondati, e io mi limito a esplorare la mia percezione di ciò che mi sta attorno. Lavorare su quel soggetto era come tagliare un cristallo, con degli angoli, delle rifrazioni, un aspetto caleidoscopico, come dei frammenti di sogno assemblati in una struttura molto strana che non si può afferrare logicamente, ma che colpisce tutti i sensi. Credo che lo stesso effetto sia stato ottenuto con il montaggio." (Jerzy Skolimowski, interviste a "Sight and Sound", estate 1978 e "Positif", gennaio 1979)

"I giochi erotici tra due uomini e una donna, in The Shout, riportano indietro a un altro film, Noz w wodzie, e in generale rivelano una cattiveria che è più caratteristica di Polanski che di Skolimowski. Ciò che appartiene interamente a Skolimowski, invece, sono i canali di comunicazione che corrono a zig zag attraverso l'intreccio, connessioni insolite ma più concrete dei discorsi sulla magia e il sovrannaturale. Il tintinnìo del bicchiere, il luccichìo degli specchi, l'impatto molto reale dei suoni non solamente l'urlo di Crossley, ma Anthony che 'crea' sua musica mediante un vassoio pieno di palline, il calzolaio che batte col martello su un paio di scarpe lasciano intendere una vita che va incontro ad assurde contraddizioni con la quella di ogni giorno." (Richard Combs, Riti di passaggio, in Jerzy Skolimowski, Lindau, Torino 1996)  "Quello che mi ha affascinato nella storia è l'ambiguit` e il senso dell'assurdo. Penso che siamo circondati dall'ambiguit`, il doppio senso è visibile ovunque. Non dimentichiamo che ero un poeta, la mia mente si è formata alla scuola delle associazioni poetiche. Per questo non ho paura di allontanarmi dalla narrativa diretta e mi sento a mio agio in una storia che ti spinge a credere e a non credere al tempo stesso. Per quanto riguarda l'assurdo, anche in questo caso ne siamo circondati, e io mi limito a esplorare la mia percezione di ciò che mi sta attorno. Lavorare su quel soggetto era come tagliare un cristallo, con degli angoli, delle rifrazioni, un aspetto caleidoscopico, come dei frammenti di sogno assemblati in una struttura molto strana che non si può afferrare logicamente, ma che colpisce tutti i sensi. Credo che lo stesso effetto sia stato ottenuto con il montaggio." (Jerzy Skolimowski, interviste a "Sight and Sound", estate 1978 e "Positif", gennaio 1979)

"I giochi erotici tra due uomini e una donna, in The Shout, riportano indietro a un altro film, Noz w wodzie, e in generale rivelano una cattiveria che è più caratteristica di Polanski che di Skolimowski. Ciò che appartiene interamente a Skolimowski, invece, sono i canali di comunicazione che corrono a zig zag attraverso l'intreccio, connessioni insolite ma più concrete dei discorsi sulla magia e il sovrannaturale. Il tintinnìo del bicchiere, il luccichìo degli specchi, l'impatto molto reale dei suoni non solamente l'urlo di Crossley, ma Anthony che 'crea' sua musica mediante un vassoio pieno di palline, il calzolaio che batte col martello su un paio di scarpe lasciano intendere una vita che va incontro ad assurde contraddizioni con la quella di ogni giorno." (Richard Combs, Riti di passaggio, in Jerzy Skolimowski, Lindau, Torino 1996)  "Quello che mi ha affascinato nella storia è l'ambiguit` e il senso dell'assurdo. Penso che siamo circondati dall'ambiguit`, il doppio senso è visibile ovunque. Non dimentichiamo che ero un poeta, la mia mente si è formata alla scuola delle associazioni poetiche. Per questo non ho paura di allontanarmi dalla narrativa diretta e mi sento a mio agio in una storia che ti spinge a credere e a non credere al tempo stesso. Per quanto riguarda l'assurdo, anche in questo caso ne siamo circondati, e io mi limito a esplorare la mia percezione di ciò che mi sta attorno. Lavorare su quel soggetto era come tagliare un cristallo, con degli angoli, delle rifrazioni, un aspetto caleidoscopico, come dei frammenti di sogno assemblati in una struttura molto strana che non si può afferrare logicamente, ma che colpisce tutti i sensi. Credo che lo stesso effetto sia stato ottenuto con il montaggio." (Jerzy Skolimowski, interviste a "Sight and Sound", estate 1978 e "Positif", gennaio 1979)

"I giochi erotici tra due uomini e una donna, in The Shout, riportano indietro a un altro film, Noz w wodzie, e in generale rivelano una cattiveria che è più caratteristica di Polanski che di Skolimowski. Ciò che appartiene interamente a Skolimowski, invece, sono i canali di comunicazione che corrono a zig zag attraverso l'intreccio, connessioni insolite ma più concrete dei discorsi sulla magia e il sovrannaturale. Il tintinnìo del bicchiere, il luccichìo degli specchi, l'impatto molto reale dei suoni non solamente l'urlo di Crossley, ma Anthony che 'crea' sua musica mediante un vassoio pieno di palline, il calzolaio che batte col martello su un paio di scarpe lasciano intendere una vita che va incontro ad assurde contraddizioni con la quella di ogni giorno." (Richard Combs, Riti di passaggio, in Jerzy Skolimowski, Lindau, Torino 1996)"Quello che mi ha affascinato nella storia è l'ambiguit` e il senso dell'assurdo. Penso che siamo circondati dall'ambiguit`, il doppio senso è visibile ovunque. Non dimentichiamo che ero un poeta, la mia mente si è formata alla scuola delle associazioni poetiche. Per questo non ho paura di allontanarmi dalla narrativa diretta e mi sento a mio agio in una storia che ti spinge a credere e a non credere al tempo stesso. Per quanto riguarda l'assurdo, anche in questo caso ne siamo circondati, e io mi limito a esplorare la mia percezione di ciò che mi sta attorno. Lavorare su quel soggetto era come tagliare un cristallo, con degli angoli, delle rifrazioni, un aspetto caleidoscopico, come dei frammenti di sogno assemblati in una struttura molto strana che non si può afferrare logicamente, ma che colpisce tutti i sensi. Credo che lo stesso effetto sia stato ottenuto con il montaggio." (Jerzy Skolimowski, interviste a "Sight and Sound", estate 1978 e "Positif", gennaio 1979)

"I giochi erotici tra due uomini e una donna, in The Shout, riportano indietro a un altro film, Noz w wodzie, e in generale rivelano una cattiveria che è più caratteristica di Polanski che di Skolimowski. Ciò che appartiene interamente a Skolimowski, invece, sono i canali di comunicazione che corrono a zig zag attraverso l'intreccio, connessioni insolite ma più concrete dei discorsi sulla magia e il sovrannaturale. Il tintinnìo del bicchiere, il luccichìo degli specchi, l'impatto molto reale dei suoni non solamente l'urlo di Crossley, ma Anthony che 'crea' sua musica mediante un vassoio pieno di palline, il calzolaio che batte col martello su un paio di scarpe lasciano intendere una vita che va incontro ad assurde contraddizioni con la quella di ogni giorno." (Richard Combs, Riti di passaggio, in Jerzy Skolimowski, Lindau, Torino 1996)

 

 

 

 

 

Sabato 3 settembre   2016      RAI3    dalle 01.25 alle 6.00  (275’)

Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Fumarola Giorgini Luciani Melani Turigliatto

presenta

 

GLI UOMINI DI QUESTA CITTA IO NON LI CONOSCO  -  VITA E TEATRO DI FRANCO SCALDATI               prima visione TV

(Italia, 2016, col., 88’47”)

Regia: Franco Maresco

Con: Franco Scaldati, Roberto Andò, Letizia Battaglia, Gaspare Cucinella, Mimmo Cuticchio, Emma Dante, Goffredo Fofi, Melino Imparato, Mario Martone, Giuseppe Tornatore, Roberta Torre, Enzo Vetrano, Stefano Randisi, Matteo Bavera, Umberto Cantone, Gino Carista, Pietro Carriglio, Elio De Capitani, Antonella Di Salvo, Aurora Falcone, Toti Giambertone, Paolo La Bruna, Vannina La Bruna, Emiliano Morreale, Gabriele Scaldati, Giuseppe Scaldati, Cosimo Scordato, Ninni Truden, Valentina Valentini

La vita e l’opera di Franco Scaldati, che ci ha lasciati nel 2013 e che è stata una delle figure più significative della seconda metà del novecento europeo. Resta nella sua opera l’irripetibile rappresentazione di un’umanità marginale, sconosciuta e ormai scomparsa nella sua essenza. Il suo percorso è stato sinonimo di radicalità e impegno nel farsi portatore di un’idea di teatro lontana dagli schemi tradizionali. Una voce forte, contro l’ipocrisia del “potere”, che affermava: “Tutto sommato, vorrei essere la coscienza critica del teatro italiano, vorrei essere la spina nel fianco, ma so che gli altri se ne fregano e non mi considerano tale [...] Un teatro che sia portatore di poesia, poesia violenta, che chiede implicitamente un cammino più solidale fra gli uomini, senza guardarsi allo specchio, senza appagarsi di se stesso, così come sembra essere tutto il teatro italiano di oggi”. “La bellezza è degli sconfitti. Il futuro non è dei vincitori, è di chi ha la capacità di vivere. E chi ha la capacità di vivere, di essere totalmente se stesso, è inevitabilmente sconfitto. E` qui il seme che crea e si traduce in futuro, vita: una sconfitta di straordinaria bellezza. Le facce degli sconfitti, le loro voci, continuano ad esistere. Sono i vincitori che non esisteranno più. Questo è il grande splendore dell’esistenza”. (Franco Scaldati)

 “Il teatro di Franco Scaldati è uno straordinario esempio di resistenza morale e culturale di fronte alla barbarie che avanza senza tregua. E` stato per me un privilegio averlo conosciuto ed essere stato suo amico. Spero con questo mio documentario di contribuire alla conoscenza di un grande poeta e di un grande uomo, la cui arte ha tanto da dire a questa nostra generazione confusa e disperatamente sola” (Franco Maresco).

 

LA SCUOLA D’ESTATE        prima visione TV

(Italia, 2015, col., 86’45”)

Regia, montaggio: Jacopo Quadri

Jacopo Quadri

Con: Luca Ronconi, Luca Bargagna, Benedetto Sicca, Lucrezia Guidone, Sara Putignano, Fabrizio Falco, Gabriele Falsetta, Fausto Cabra, Lucia Lavia, Matteo Ramundo, Massimo Odierna, Francesco Petruzzelli, Rosy Bonfiglio, Matteo Mauriello, Arianna Di Stefano, Carmine Fabbricatore, Michele Lisi, Desireé Domenici, Eugenio Papalia, Gianluca Pantosti, Flaminia Cuzzoli, Barbara Chichiarelli, Giulia Gallone, Giulio Maria Corso, Ivan AlovisioLuca Ronconi ha scelto l’Umbria per creare uno spazio dove accogliere giovani attori e giovani attrici, e attivare un libero cortocircuito teatrale, svincolato da condizionamenti e scadenze produttive. A Santa Cristina, in una vecchia stalla ristrutturata, scopriamo il maestro in veste di vecchio bambino: nel gioco dei caratteri e nello scavo delle voci, alla ricerca delle pieghe segrete dei personaggi, in un affascinante scandaglio dei testi. Luca

Ronconi ha scelto l’Umbria per creare uno spazio dove accogliere giovani attori e giovani attrici, e attivare un libero cortocircuito teatrale, svincolato da condizionamenti e scadenze produttive. A Santa Cristina, in Umbria, in una vecchia stalla ristrutturata, una sorta di casa incantata nella luce trasparente e magica della campagna, scopriamo il maestro in veste di vecchio bambino: nel gioco dei caratteri e nello scavo delle voci, alla ricerca delle pieghe segrete dei personaggi, in un affascinante scandaglio dei testi.

“Ho scelto di avvicinarmi a Ronconi con discrezione, semplicità, nessuna adulazione, silenziosamente ci siamo introdotti nella vita della scuola. Ne abbiamo fatto parte e come gli allievi abbiamo riscoperto il valore dello studio, della concentrazione e del mettersi in discussione, del non accontentarsi del proprio lessico, delle proprie abitudini, che possono diventare una gabbia” (Jacopo Quadri)

 

UN AMLETO DI MENO                                                                  

(Italia, 1972, col., 67’26”)

Regia: Carmelo Bene

Con: Carmelo Bene, Lydia Mancinelli, Alfredo Vincenti, Franco Leo

Ultimo atto al cinema di Carmelo Bene e prima opera girata in 35mm scope, il film mette in scena ancora una volta la tragedia di Shakespeare attraverso la sua ulteriore rilettura da parte di Jules Laforgue in  “Hamlet, ou les suites de le pitié filiale”. Claudio è diventato re dopo aver ucciso il fratello, al quale è subentrato anche nel talamo nuziale. Ma anziché arrovellarsi sulla vendetta da compiere, annoiato dalle rivelazioni di Orazio e dagli struggimenti di Ofelia, suo nipote Amleto preferisce progettare una fuga a Parigi con Kate, "stella" della compagnia ambulante che dovrebbe riprodurre in palcoscenico i misfatti avvenuti a corte.

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