Teatro San Carlo di Napoli – Jeffrey Tate: Ravel Tzigane, Gabriele Pieranunzi violino

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    Auditorium Rai Napoli
    Orchestra del Teatro di San Carlo

     

    Jeffrey Tate direttore

    Gabriele Pieranunzi violino

     

    Maurice Ravel
    [1875-1937]
    Tzigane
    per violino e orchestra
    Anni di composizione: 1922-1924
    Concerto in Sol maggiore
    per pianoforte e orchestra
    Anni di composizione: 1929-1931
    Allegramente
    Adagio assai
    Presto

     

    Guida all’ascolto
    LUCA DELLA LIBERA
    Tratto dal libretto di sala dell’Orchestra del Teatro di San Carlo

    Durante il lungo lavoro di rifinitura della Sonata per violino e pianoforte, nell’aprile 1924, Ravel lavorò anche a un’altra composizione per violino e pianoforte, la “rapsodia da concerto” Tzigane. Al contrario della Sonata, la gestazione fu in questo caso insolitamente veloce: la prima esecuzione avvenne a Londra sulla partitura ancora fresca d’inchiostro, il 26 aprile dello stesso anno, a opera della dedicataria - la violinista ungherese Jelly d’Aranyi, per la quale anche Bartók scrisse le sue due Sonate per violino e pianoforte - e dal pianista Henri-Gil Marcheix. L’esigenza, frequente in Ravel, è anche in questo caso di uscire dai binari della tradizione musicale “colta”: se il blues della Sonata afferma una dichiarata e geniale incursione nel terreno del jazz, Tzigane si ricollega in modo diretto a quella tradizione musicale che già da Haydn a Brahms si era cercato di addomesticare e di assimilare come elemento esotico all’interno della musica occidentale colta. L’impatto con la tradizione tzigana è per Ravel occasione di un brano dichiaratamente virtuosistico (l’autore si documentò, per scriverlo, anche sulla “Bibbia” del virtuosismo violinistico, cioè sui Capricci di Paganini) e di una rivisitazione della forma di Rapsodia ampiamente affermata da Liszt, articolata cioè in due sezioni, la prima lenta, di tipo improvvisativo, e la seconda veloce e incalzante. Essa fu l’occasione anche di una mirabile e originalissima costruzione di oreficeria musicale, dove l’invenzione timbrica prende certamente il sopravvento ribaltando il senso di un brano che, almeno sulla carta, sembrerebbe presentarsi come una brillante e piacevole occasione d’intrattenimento salottiero. È anche indicativa in questo senso la curiosa destinazione originale per violino e pianoforte “o luthéal” (qualcosa di simile al cymbalom, lo strumento tradizionale ungherese dove le corde sono percosse dall’esecutore direttamente mediante bacchette), mentre lo stesso Ravel poté sviluppare in pieno le ricchissime potenzialità timbriche di quest’accompagnamento nella trascrizione del brano per violino e orchestra, che ascolteremo stasera. La lunga cadenza solistica non accompagnata iniziale occupa quasi la metà dell’intero pezzo. Essa è formalmente molto libera, in stile di recitativo, e comprende quasi totalmente gli elementi-temi che si ascolteranno nel corso del pezzo.
    Le sue caratteristiche virtuosistiche consistono in posizioni molto acute sulla corda di Sol, insieme con ottave, tremoli e arpeggi. Gli armonici e altri tratti funambolici sono lasciati nella sezione veloce: non si sentiva un maggiore assemblaggio di pizzicati per la mano sinistra dai tempi di Paganini. Dopo la lunghissima e struggente introduzione affidata al violino solo, una cadenza orchestrale introduce una serie di spericolate variazioni che si succedono l’una all’altra fino al vorticoso e parossistico finale, su un travolgente accelerando. La versione originale, per violino e pianoforte, fu realizzata subito dopo per violino e orchestra.

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