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Gorbaciof

La scelta del silenzio

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    mostra del cinema di venezia 67, 2010, gorbaciof, toni servillo, stefano incerti, il divo, sorrentino

    • Regia: Stefano Incerti
    • Cast: Toni Servillo, Mi Yang, Geppy Gleijeses, Gaetano Bruno, Hal Yamanouchi, Antonio Buonomo, Agostino Chiummariello, Salvatore Ruocco, Francesco Paglino, Salvatore Striano
    • Co-Produzione: Luciano Martino DEVON CINEMATOGRAFICA, Edwige Fenech IMMAGINE E CINEMA, Massimo Vigliar SURF FILM, Angelo Curti TEATRI UNITI, Sergio Pelone THE BOTTOM LINE in collaborazione con RAI CINEMA
    • Genere: Drammatico
    • Anno: 2010n.c112 minuti
    • Data di uscita: 3/09/2010
    • Nazionalità: Italia
    • Distribuzione: Lucky Red
    • Sito ufficiale: n.d.
    VENEZIA 67 - FUORI CONCORSO

    Sinossi

    Marino Pacileo, detto Gorbaciof a causa di una vistosa voglia sulla fronte, è il contabile del carcere di Poggioreale a Napoli. Pacileo, schivo e silenzioso, ha una sola passione: il gioco d’azzardo. Quando scopre che il padre di Lila, la giovane cinese di cui è innamorato, non può coprire un debito contratto al tavolo da gioco, Pacileo sottrae i soldi dalla cassa del carcere e li dà alla ragazza. Dal quel momento, tra partite sbagliate, riscossione di tangenti e rapine, inizia una spirale discendente dalla quale non riuscirà più ad uscire.


    Note di regia

    Ho iniziato a scrivere Gorbaciof sei anni fa. La sceneggiatura firmata con Diego de Silva era molto diversa, estremamente ricca di dialoghi, e con il ruolo femminile scritto per una ragazzina napoletana. In questo lungo tempo abbiamo operato una meticolosa scarnificazione, sostenuti in questo dall’ingresso nel progetto di Toni Servillo sul quale poi il personaggio è stato definitivamente calibrato. Ne è scaturito un copione molto legato all’azione, come veicolo della psicologia dei personaggi, e particolarmente stimolante per una rigorosa messa in scena. Preparando il film mi rendevo conto di poter spingere il racconto in una dimensione per niente italiana, più vicina a certo cinema asiatico o dell’est Europa. Un cinema visivo, possibilmente lirico, che partendo dal racconto della solitudine metropolitana si innalzasse a piccolo apologo, racconto morale o comunque il più possibile metaforico. Non quindi un film realista, nonostante l’ambientazione puramente napoletana, di una zona di confine geografico oltre che etnico che è il quartiere a ridosso della Stazione Centrale, non un film dalla matrice sociologica o paradocumentaria ma un racconto per immagini di una vita piccola, di un uomo apparentemente piccolo perché chiuso nella grettezza del suo minuscolo mondo fatto di serrature, soldi e carte da gioco eppure enorme nel suo sorprendente aprirsi ad una nuova dimensione di tenerezze con una giovane asiatica con la quale non può scambiare parole ma solo sguardi. Da qui il bisogno, mai facile, di semplificazione, anche nella regia: evitare inutili virtuosismi, inquadrature ad effetto, carrelli descrittivi e quant’altro potesse distrarre dalla necessità di purezza di racconto. Il desiderio di raggiungere un nitore anche nel montaggio, ancor più difficile vista la già asciutta base di scrittura. La continua ricerca di Emozioni ed Atmosfere, che rimangono l’anima vera e vitale del Cinema che ho sempre amato.

    Stefano Incerti


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