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Confessioni di una maschera

Recensione - I classici di Millepagine

Confessioni di una maschera Yukio Mishima letteratura giapponese suicidio harakiri

di Yukio Mishima


Il protagonista del libro, un classico della letteratura giapponese contemporanea, confessa le esperienze cruciali attraverso le quali è giunto a conoscere se stesso. Egli ha imparato a vivere celando la propria autentica identità. Nelle pagine del testo convivono, al fine di descrivere questo delicato passaggio: candore e sessualità, esultanza e disperazione. L’accettazione di se stesso come uomo diverso dagli altri uomini – ci racconta Mishima – non si attua senza una lotta, tanto strenua quanto vana, per conquistare la normalità. L’adorazione per un paio di calzoni, l’elaborazione di fantasie sadomasochistiche, l’identificazione con personaggi femminili, l’interpretazione sconcertante di fiabe. E ancora: il corteggiamento di giovani donne per chiarire sino a che punto esse possano offrire piaceri reali, la correzione di manifestazioni di rischiosa passionalità. Niente di tutto questo serve; perché le emozioni, come è scritto in un punto del racconto, non hanno simpatia per l’ordine fisso. E i sentimenti reali tenacemente rimangono, nascosti dietro la maschera della correttezza ufficiale. Pubblicato alla fine degi anni Cinquanta, il romanzo venne tradotto in Italia nel 1969. L’anno dopo – in circostanze drammatiche ed amplificate da una diretta televisiva – Mishima, ispirandosi alla tradizione del suo paese, si tolse la vita attraverso il gesto dell’harakiri, squarciandosi il ventre con un’apposita lama sacrale.


A cura di Vittorio Castelnuovo
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