Tomas Netopil: Schumann Julius Caesar Ouverture

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    Auditorium Arturo Toscanini di Torino
    Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai

     

    Tomas Netopil
    Direttore

     

    Robert Schumann (1810-1856)
    Julius Caesar, ouverture op. 128 (1851)

    Un atto mancato
    Tratto dal programma di sala dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai

    Il 1847 per Schumann fu l’anno dell’opera. Dopo il pianoforte, i Lieder, le sinfonie e la musica da camera era giunto il momento di percorrere la strada del teatro, alla ricerca di un lavoro radicato nella cultura tedesca, sulla scia del Fidelio di Beethoven e del Freischütz di Weber. Amleto e l’Odissea furono alcuni dei soggetti che avevano stimolato l’immaginazione di Schumann negli anni della giovinezza. Ma fu solo con la leggenda di Genoveva di Brabante che il compositore riuscì a intraprendere quella strada da sempre in salita per tutti i musicisti tedeschi. In quell’anno il fiasco di Genoveva fu uno dei più deprimenti di tutta la sua carriera; una freddezza capace di intimidire anche il più entusiasta degli artisti. Ma Schumann non abbandonò definitivamente il progetto di scrivere un’opera di successo, qualcosa in grado di scalzare il predominio di Meyerbeer e degli italiani in terra tedesca. E cosi nel 1851 ci provò con un nuovo libretto, Julius Caesar, questa volta direttamente ispirato al padre spirituale di tutti i romantici, Shakespeare. Niente di meglio per cercare di portare all’opera eroismo, arcaismo e tragedia: i desiderata essenziali degli intellettuali romantici. Ma il tentativo rimase solo abbozzato, proprio come Die Braut von Messina e Hermann und Dorothea; Schumann completò solo l’ouverture confermando anche a se stesso una vocazione innata per il genere strumentale.

    Sono molte le idee che si agitano nel Julius Caesar; l’impressione è che dietro quel materiale si nasconda una drammaturgia bell’e fatta, pronta per essere dipanata in scene e atti. Gli accordi di trombe e tromboni introducono un’immagine di fasti antichi, la cornice di un quadro sontuoso un po’ appannato dal trascorrere del tempo.

    Ma accanto ai toni sfarzosi c’è spazio per motivi sinuosi, che sembrano alludere alla sinistra congiura delle idi di marzo. E' da quei movimenti striscianti che riesce a liberarsi un canto spiegato, che sembra scavare in profondità tra le emozioni private del protagonista. Il suo abbraccio melodico si allunga su tutto il brano, avvolgendo ogni inquietudine con il suo slancio redentore; niente lo può fermare, nemmeno il ghigno sinistro dei congiurati. E cosi il brano si conclude in maggiore, alludendo alla rinascita di Giulio Cesare: ucciso dalla storia, ma risuscitato dal mito.

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