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Davide Riondino

"Signorinella pallida" di Libero Bovio e Nicola Valente

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    Signorinella pallida
    dolce dirimpettaia del quinto piano,
    non v'è una notte ch'io non sogni Napoli
    e son vent'anni che ne sto lontano.

    Al mio paese nevica,
    il campanile della chiesa è bianco,
    tutta la legna è diventata cenere,
    io ho sempre freddo e sono triste e stanco.

    Amore mio, non ti ricordi
    che nel dirmi addio
    mi mettesti all'occhiello una pansè
    poi mi dicesti con la voce tremula:

    Non ti scordar di me.

    Bei tempi di baldoria,
    dolce felicità fatta di niente.
    Brindisi coi bicchieri colmi d'acqua
    al nostro amore povero e innocente.

    Negli occhi tuoi passavano
    una speranza, un sogno e una carezza,
    avevi un nome che non si dimentica,
    un nome lungo e breve: Giovinezza.

    Il mio piccino,
    in un mio vecchio libro di latino,
    ha trovato - indovina - una pansè.
    Perchè negli occhi mi tremò una lacrima?

    Chissà, chissà perchè!

    E gli anni e i giorni passano
    eguali e grigi con monotonia,
    le nostre foglie più non rinverdiscono,
    signorinella, che malinconia!

    Tu innamorata e pallida
    più non ricami innanzi al tuo telaio,
    io qui son diventato il buon Don Cesare,
    porto il mantello a ruota e fo il notaio.

    Lenta e lontana,
    mentre ti penso suona la campana
    della piccola chiesa del Gesu,
    e nevica, vedessi come nevica:

    Ma tu, dove sei tu.

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