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La coscienza di Zeno

Il classico

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“La coscienza di Zeno”, libro pubblicato nel 1923 e del quale si deve parlare come di una pietra miliare della nostra cultura, è un romanzo in prima persona dove furono eliminati elementi appartenenti alla tradizione, come la voce narrante; ed introdotti invece elementi del tutto nuovi, come la decisione di narrare scopertamente la storia di una malattia. Il protagonista Zeno infatti decide di stendere le sue memorie per prepararsi ad una terapia psicanalitica, e in fondo per dimostrare l’inutilità di qualsiasi cura. La trovata di base fu la messa in scena della coscienza del narratore; faticosamente impegnato nel presente a ridefinire il proprio passato, attraverso un reticolato di episodi e di valutazioni non riconducibili a nessun ordine apparente. Di fatto la grandezza del testo consistette nella dimostrazione che non è possibile raccontare qualsiasi storia come vera. Ma è possibile trasformare in un’occasione di racconto persino l’ambiguità; dove i meccanismi del controllo sociale non hanno valore e la coscienza appunto svuota di significato l’esperienza del quotidiano, stabilendo una nuova gerarchia.
Tuttavia l’originalità del contenuto riscosse poche e diffidenti recensioni, rendendo così difficile la circolazione e la comprensione del romanzo. Svevo ottenne una risposta incoraggiante da James Joyce (riguardo il rapporto tra i due scrittori è suggerita la lettura di “In una città atta agli eroi e ai suicidi”, scritto da Giampiero Mughini e segnalato nelle novità) il quale rassicurò l’amico riguardo la qualità dell’opera, rintracciandone le novità principali nel tema del fumo e nel trattamento del tempo. E poco dopo fu Eugenio Montale, in un articolo apparso in una rivista letteraria, a decretarne definitivamente il valore; pure se il «caso Svevo», osserva ancora oggi la critica, esplose prima in Francia e poi in Italia. Molti anni prima, tra il 1892 e il 1897, l’autore triestino aveva dato alle stampe i libri “Una vita” e “Senilità”, non riscuotendo alcun successo ed entrando così nella ditta di vernici del suocero. In margine all’inaspettata affermazione del terzo titolo, decise di ristampare i primi due, ottenendo a qual punto buoni risultati. Seguirono cinque anni di soddisfazioni e di lavoro febbrile – un quarto romanzo incompiuto, novelle, testi teatrali, i grandi temi dell’età adulta – prima di un incidente d’auto e il susseguente decesso in ospedale, nel settembre del 1928. Una vita.


A cura di Vittorio Castelnuovo
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