Sir Andrew Davis: Franck Sinfonia in re minore

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    Auditorium Arturo Toscanini di Torino
    Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai

    Direttore
    Sir Andrew Davis

    César Franck
    (1822-1890)
    Sinfonia in re minore
    Lento - Allegro non troppo
    Allegretto - Poco più lento - Tempo primo
    Allegro non troppo - Più lento - Tempo primo


    Una sinfonia francese
    Tratto dal programma di sala dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai

    Nel 1886 a Parigi fervevano i preparativi per la grandiosa Esposizione Universale del 1889. La città doveva aprirsi alle culture esotiche; ma nello stesso tempo non doveva lasciarsi sfuggire l’occasione di mostrare urbi et orbi la sua straordinaria vivacità artistica e intellettuale. I musicisti erano in prima linea: il Théâtre Lyrique in pieno rilancio; le audizioni pubbliche per gli autori di musica sinfonica e corale all’ordine del giorno; e il Conservatorio era oggetto di un elaborato progetto di riorganizzazione.

    Anche un uomo tutto casa e chiesa come César Franck cominciava a sentire un’incontrollabile voglia di emergere. Arrivato a Parigi dal Belgio con grandi aspirazioni, si era dovuto accontentare di una carriera passata troppo spesso per le vie periferiche; lunghe giornate dedicate all’attività didattica in Conservatorio, pomeriggi interi trascorsi sulle tastiere dell’organo di Sainte Clotilde, una vita mondana ridotta a qualche cioccolata tra una lezione e l’altra. E in un mondo in cui molta della cultura passava attraverso i cabaret e i bistro, starsene in pantofole voleva dire perdere molte occasioni, rintanarsi tra le mura di una spiritualità in forte declino nella Parigi fin de siècle.

    Ma a cinquantasei anni suonati, Franck sentiva crescere una rinnovata ambizione artistica. Tra il 1886 e il 1888, vale a dire esattamente nei mesi che precedettero l’Esposizione, decise di cimentarsi con la sinfonia, proprio il genere che in Francia era ancora in cerca d’autore. Dopo la Fantastique di Berlioz, che comunque viaggiava indiscutibilmente al confine con il genere a programma, le sinfonie francesi avevano stentato a prendere forma; vuoi perché la grande stagione si stava concludendo, vuoi perché da quelle parti il ricorso all’immaginazione era diventato essenziale, vuoi perché in fondo il grande problema del confronto con Beethoven era più una faccenda da lasciare ai compositori tedeschi. Risultato: in Francia, nella seconda metà dell’Ottocento, vale a dire proprio negli anni di Brahms e Bruckner, le sinfonie si contano sulla punta delle dita (Saint-Saëns ne ha scritte tre, Dukas una e Vincent d’Indy tre) e non costituiscono certo la parte più corposa della produzione a cavallo tra i due secoli.

    Franck in realtà scrisse la pagina più importante: non tanto perché fu una delle prime nate con coraggio sulle ceneri di un genere in via di estinzione, ma perché si distinse per una struttura ciclica che cercava di trovare un contatto con la scrittura drammatica del poema sinfonico. I francesi, con la loro genetica capacità di autopromozione, avrebbero assegnato per anni a Franck la palma di inventore della ciclicità in ambito sinfonico. Poco importava che quel compositore venisse dalla Vallonia: ormai aveva piantato radici a Parigi e conveniva assorbirlo definitivamente nell’orbita della cultura locale. Di Liszt e del suo apporto dato anche in ambito strumentale con la Sonata in si minore, nessuno sembrava ricordarsene più.

    Comunque, a prescindere da chi abbia tagliato il traguardo per primo, la Sinfonia in re minore resta una delle pagine che interpretano con maggiore intelligenza il problema della ciclicità: vale a dire la progettazione dell’intera architettura attorno ad alcune melodie ricorrenti. Franck non era nuovo a operazioni del genere: i suoi Trii op. 1, tra il 1839 e il 1840, avevano proprio sperimentato (questa volta davvero prima di Liszt) il superamento dei confini tematici tra i vari movimenti della composizione; e anche le esperienze nell’ambito del poema sinfonico, con Ce qu’on entend sur la montagne prima (anche in questo caso una pagina in comune con Liszt) e con Le Chausseur maudit poi, erano stati ottimi esercizi per lavorare sulle molteplici risorse espressive di un solo personaggio melodico. Del resto erano proprio gli anni in cui la trattatistica francese cominciava a maturare il concetto di idealismo inteso come predilezione dell’idea sulla forma.

    La Sinfonia in re minore era perfetta per rappresentare un pensiero musicale che metteva la struttura generale al servizio dei personaggi tematici. In realtà Franck disse di aver pensato a una «sinfonia classica»; ma il legame tra i vari movimenti e la libertà nell’interpretare lo schema tradizionale dimostrano una lettura estremamente personale del vecchio modello viennese. Non a caso il pubblico, in occasione della prima esecuzione presso la sala da concerto del Conservatorio parigino (17 febbraio 1889), rimase piuttosto interdetto di fronte a quella composizione che sembrava così distante dai manuali di composizione. Franck aveva trovato, come spesso accade nei suoi lavori, uno straordinario punto di contatto tra tradizione e innovazione; esposizione sviluppo e ripresa continuano a essere rintracciabili nel primo movimento; ma la presenza di un tema, il terzo in ordine di apparizione, che spicca per il suo incedere esitante, sposta immediatamente il baricentro della composizione in una posizione inconsueta: si intuisce subito che quell’elemento melodico è destinato a un ruolo protagonistico. Il movimento lento si protende sullo Scherzo senza soluzione di continuità; i suoi temi si portano sulle spalle la memoria di quanto ascoltato in precedenza. Ma la duttilità della scrittura franckiana riesce a procedere in avanti, senza necessariamente dimenticarsi del già detto: la leggerezza dello Scherzo prende forma gradualmente, come se fosse una semplice propaggine del Lento con molto sentimento; e soprattutto la ricapitolazione tematica del Finale sorge spontanea come la naturale conseguenza di un discorso che continua a orbitare attorno ad alcuni intervalli melodici fondamentali. Debussy lodava la fisionomia «chic» delle idee contenute nella Sinfonia in re minore: naturalmente il suo disinteresse per i grandi sviluppi sinfonici non gli consentiva di andare oltre; ma in realtà è proprio sulla potenza espressiva dei temi che si concentra il lavoro di Franck, perché nell’opera l’elaborazione rimane rigorosamente al servizio di idee melodiche che lasciano il segno più incisivo proprio alla fine, quando ricompaiono rafforzate dal faticoso percorso attraversato nel corso della composizione.

    La prima esecuzione
    Per la prima esecuzione della Sinfonia in re minore Franck aveva pensato alla stagione dei Concerts Lamoureux. Ma la società concertistica era già al completo, e l’unica alternativa valida era la Société des Concerts du Conservatoire; del resto era quello il tempio della sinfonia in Francia, e la collocazione era di tutto rispetto anche per un compositore ormai affermato come Franck. Stando alle consuetudini del tempo, la Sinfonia in re minore dovette superare un piccolo concorso, a cui parteciparono altri lavori freschi di inchiostro. Dopodiché fu programmata, con la direzione di Jules Salomon, in data 17 febbraio 1889. L’accoglienza fu piuttosto rumorosa: da una parte si levarono gli applausi frenetici dei sostenitori del père Franck, dall’altra una serie di fischi che bocciarono senza riserve la nuova sinfonia. Tra i commenti più insofferenti si distinsero quelli di Charles Gounod («L’affermazione dell’impotenza spinta fino a diventare dogma») e Ambroise Thomas («Come fa a essere in re minore una sinfonia il cui primo tema, dopo nove battute, se ne va in re bemolle, alla decima in do bemolle, alla ventunesima in fa diesis minore e alla ventiseiesima in do minore?»). Solo il critico musicale Willy prese con convinzione le parti di Franck; in particolare il suo intervento mirò a difendere una delle scelte più impopolari della Sinfonia in re minore, ovvero il ritornello (in una nuova tonalità) delle prime due idee esposte nel corso del primo movimento: «Funzionava a meraviglia, Coquard dondolava con la testa, molte signore dormivano già, quando improvvisamente tutto si fermò, e tutto ricominciò in fa minore. “Sembra che il vostro César abbia fallito il primo colpo”, insinuò il pompiere in servizio. Ma a che serviva spiegare a quel vigile del fuoco che un simile processo serve a fissare l’idea principale anche nei cervelli più recalcitranti, regalandoci per due volte l’ammirabile passaggio in cui il tema gronda sordamente sotto il tremolo degli archi?».

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