Sir Antonio Pappano: Mahler Sinfonia n. 1

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    AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA Sala Santa Cecilia
    Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

     

    Sir Antonio Pappano direttore

     

    Gustav Mahler
    (Kalištĕ, Boemia 1860 - Vienna 1911)
    Sinfonia n. 1 in re maggiore “Il Titano”
    Langsam. Schleppend - “Wie ein Naturlaut” - Im Anfang sehr gemächlich
    (Lento. Strascicato. Come un suono della natura. All’inizio molto tranquillo)
    Kräftig bewegt, doch nicht zu schnell. Recht gemächlich
    (Vigorosamente mosso, ma non troppo veloce. Tranquillo)
    Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen
    (Solenne e misurato, senza trascinare)
    Stürmisch bewegt (Tempestosamente mosso)

    Data di composizione
    1884-1888
    Prima esecuzione
    Budapest
    20 novembre 1889
    Direttore
    Gustav Mahler
    Organico
    4 Flauti (2 Ottavini),
    4 Oboi (Corno inglese),
    4 Clarinetti
    (2 Clarinetti piccoli,
    Clarinetto basso),
    3 Fagotti, Controfagotto,
    7 Corni, 4 Trombe,
    3 Tromboni, Basso Tuba,
    Timpani, Percussioni,
    Arpa, Archi

     

    La Sinfonia n. 1 “Il Titano” di Gustav Mahler
    La Prima Sinfonia di Gustav Mahler fu eseguita nel novembre 1889 a Budapest. In seguito, la partitura venne sottoposta ad una revisione generale prima della pubblicazione, dieci anni dopo. Composta originariamente di cinque movimenti, fu ridotta a quattro con l’eliminazione del secondo, un Andante intitolato Blumine (Raccolta di fiori) ritenuto da Mahler eccessivamente sentimentale e pubblicato solo nel 1967. Il sottotitolo di “Il Titano. Un poema sinfonico in forma di sinfonia”, che accompagnava la prima esecuzione di Budapest e in seguito eliminato, era stato scelto dal compositore pensando al romanzo Der Titan di Jean Paul Richter, definito da Ladislao Mittner «opera pseudotitanica, un canto di lode della primavera tedesca e delle forze primaverili dell’anima tedesca». Come riporta il programma di Budapest, nel primo movimento Mahler intendeva infatti rappresentare una “primavera senza fine”, ossia «il destarsi della natura dal lungo sonno invernale». Musica d’atmosfera, quindi, destinata a trasformarsi nel corso della composizione e ad acquistare, nell’ultimo movimento, il carattere liberatorio di una sfida prometeica. L’opera tende, infatti, verso il gigantesco finale che rievoca i movimenti precedenti attraverso precisi richiami tematici, come avviene nella Nona di Beethoven. Ma non è estraneo a questa partitura il ricordo della Pastorale: il senso della natura impregna tutto il primo movimento, echeggiante di richiami boscherecci, ritmi di danza, versi di uccelli, in particolare quello del cuculo, che assurge quasi a motivo conduttore. «Con il primo suono – disse Mahler alla violista Natalie Bauer-Lechner – il lungo la degli archi con armonici, siamo in mezzo alla natura: nel bosco, dove la luce del sole estivo scintilla, tremolando tra i rami». Ma la natura di Mahler è ben lontana dalla religiosità panica della campagna beethoveniana: mentre questa appare come un tutto organico, perfettamente conosciuto dal soggetto che lo contempla, la natura di Mahler è un labirinto, popolato di voci segrete. In quel bosco pullula già la vita di un misterioso animismo che la musica espressionista farà proprio, deformandolo, pochi anni dopo, con effetti di terrore. Così i versi degli animali, i richiami degli uccelli acquistano un significato nuovo. Qui lo spettro dell’inquietudine viene sempre ad attraversare anche i momenti più sereni: basta un brivido d’armonia dissonante, o l’improvviso incupirsi della strumentazione nella comparsa di timbri sinistri, per incrinare una serenità nostalgicamente desiderata ma oramai irraggiungibile.

    Inoltre, il bosco che ci accoglie nel primo movimento è caratterizzato da una immensa profondità spaziale. Dalla Pastorale di Beethoven, Mahler mutua il gioco degli echi interni, frammenti tematici che si rispondono da punti diversi e con diversi colori, ora in primo piano, ora di lontano. Lo spazio, così, s’incrocia con il tempo in una nuova dimensione della musica; le trombe con sordina suonano remote, i corni spalancano prospettive di valli e di montagne mentre, dopo i richiami iniziali, ad un certo punto la vita prende forma: un tema circolare, affettuoso, che si snoda passando da uno strumento all’altro, acquista movenze danzanti, e cresce sino a vere e proprie esplosioni vitali. È la melodia del secondo dei Lieder eines fahrenden Gesellen, “Ging heut’ morgen übers Feld” (“Me ne andavo stamane sui prati / sull’erba c’era ancora la rugiada”) che domina l’esposizione di una forma-sonata assai libera, dotata di una ripresa molto sintetica. Nello sviluppo, sembra che il tempo si arresti per poter tendere l’orecchio ad auscultare pulsazioni segrete. Schubert è all’origine di questa stupefazione, che a un certo punto si sblocca. Nella seconda sezione dello sviluppo risuona un tema di caccia esposto dai corni: richiamo silvestre che rimanda ad antichi effetti weberiani, e porta all’esplosione di una travolgente fanfara, alle trombe, ai corni e ai legni. Il secondo movimento (Kräftig bewegt, doch nicht zu schnell) uno Scherzo in forma tripartita, salta con andamenti di danza rustica. Sono i ricordi delle danze contadine morave che Mahler aveva ascoltato in gioventù, e che formano, qui, un quadro di vita paesana il cui umorismo, rude e quasi sarcastico, si esprime nell’aspro suono dei bassi, nello squillo di corni e trombe, nel tinnire della percussione e nel continuo sobbalzare dei ritmi puntati. Una vena d’umor nero conferisce a questo girotondo sussultorio e frenetico un tono presago, mentre al centro del pezzo, annunciato da un lontano richiamo del corno, volteggia un ritmo di valzer viennese. Queste allusioni “dialettali” acquistano in Mahler una carica di nostalgia per uno stato d’innocenza ormai perduto. L’irruzione dell’elemento popolare non è nuova, risale ai minuetti di Haydn e di Mozart: ma in Mahler acquista un carattere di fulminante ricordo nell’ambito di una emotività incontrollabile, come ci suggerisce l’orgiastica ripresa dello Scherzo iniziale, con i suoi ritmi ostinati e lo stridore delle dissonanze. Il terzo movimento (Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen) è una “Marcia funebre alla maniera di Callot”, ispirata al compositore da una vecchia stampa caricaturale per bambini: “Il funerale del cacciatore”. Mahler stesso la descrive nel programma di Budapest: «Gli animali del bosco accompagnano alla tomba la bara del cacciatore morto: le lepri portano lo stendardo, davanti c’è un gruppo di musicanti boemi con i quali suonano gatti, rospi, cornacchie ecc. e cervi, caprioli, volpi, e altri animali del bosco, alati o a quattro zampe, seguono il corteo in atteggiamenti farseschi». L’atmosfera è dunque ambigua, e oscilla tra ironia, sarcasmo e sinistri presagi. I timpani pulsano nel silenzio: e su quel rintocco si profila, lugubre e spettrale, un canone sulla melodia della canzone popolare Fra Martino campanaro, trasposta in tonalità minore. Come scrive Bruno Walter, «siamo condotti in un inferno che non ha forse l’eguale nella letteratura sinfonica». Il suono è terribilmente cupo, la melodia strisciante e, sopra questo abisso, il primo oboe saltella, triste e insieme beffardo. Una melodia ungaro boema introduce un moto volteggiante, ma tutto sfocia in una ripresa di Fra Martino campanaro, che sembra attirare tutto nel suo gorgo oscuro. Anche la melodia paradisiaca, tratta dall’ultimo dei Lieder eines fahrenden Gesellen, che evoca il riposo primaverile, è rimossa dal ritorno della marcia, nella sua originalissima sovrapposizione di elementi sublimi e infernali, funebri e sarcastici, umoristici e funesti. La Sinfonia termina con il gigantesco finale in forma-sonata, Stürmisch bewegt. Si notino: il vastissimo primo tema, battagliero e tumultuoso, vera immagine di lotta e di sofferenza; la meravigliosa dolcezza del secondo, che dura a lungo in una sorta di adagio lirico e nostalgico; il ritorno del clamore combattivo nello sviluppo, in cui cominciano ad affiorare gli spunti trionfali che porteranno alla comparsa di un motivo religioso, derivante dal Parsifal, ma non immemore dell’Alleluja del Messia di Händel. Questo tema, libero e slanciato, esprime l’impulso verso la redenzione, ma viene respinto, come ricacciato indietro da nuove catastrofi, dal ricordo dei “suoni di natura” del primo movimento, da un fugato laborioso e duro, prima di trionfare in un’affermazione conclusiva. La vittoria è definitiva? Il dubbio resta, leggendo Adorno: «nel Finale della Prima Sinfonia il dissidio interiore si potenzia, al di là di ogni possibilità di mediazione, in un’ integrale disperazione, rispetto alla quale evidentemente la spensierata conclusione trionfale si sbiadisce diventando un semplice accorgimento di regia. Il compatto specchio sonoro si frantuma dando origine a una musica nuova con mezzi antichi».

     

    SULLA PRIMA SINFONIA DI MAHLER
    di Natalie Bauer-Lechner

    Violista di talento, Natalie Bauer-Lechner (1858-1921) conobbe Mahler quando il compositore studiava ancora al Conservatorio di Vienna, rimanendo tra le sue più strette amicizie fino al 1901, quando il compositore sposò Alma e il loro rapporto finì per sempre. Dopo aver ripreso a suonare per qualche tempo, morì in povertà e solitudine. La sua raccolta di memorie Ricordi di Gustav Mahler venne pubblicata postuma nel 1923.

    Mahler in un primo tempo chiamò la sua prima sinfonia “Il Titano”, ma in seguito cancellò questo titolo, come anche tutti gli altri, poiché erano stati fraintesi ed interpretati come tracce programmatiche. E per questo motivo si mise in relazione il suo Titano con quello di Jean Paul. Ma in realtà egli immaginava solamente un uomo eroico e forte, la sua vita e le sue sofferenze, le vittorie e le sconfitte contro il destino. [...]

    Il primo movimento ci trascina in una atmosfera dionisiaca e di giubilo, non ancora offuscata e incrinata. Con il primo suono, un lungo la degli archi con armonici, siamo in mezzo alla natura: nel bosco, dove la luce del sole estivo scintilla, tremolando tra i rami. “La fine di questo movimento”, disse Mahler, “gli ascoltatori certamente non lo capiranno; cadrà, mentre io avrei potuto renderlo un po’ più efficace. Il mio eroe scoppia in una risata e fugge. Il tema, che all’ultimo viene suonato dai timpani, non lo troverà nessuno! Nel secondo movimento invece il giovanotto si getta nel mondo con maggiore forza, gagliardia e furbizia”. Il meraviglioso ritmo di danza del Trio è da osservare con particolare attenzione, “perché dalla danza ha origine tutta la musica”, come una volta disse Mahler. “Ma lì tutti quanti, con quelle prime due battute che a Vienna faranno pensare a una celebre sinfonia di Bruckner, mi screditeranno come un ladro e una persona poco originale”.

    […] Il terzo è il movimento di Fra Martino, che più degli altri è stato frainteso e denigrato. Mahler ne parlava qualche giorno fa: “Adesso il mio eroe ha già trovato il pelo nell’uovo e il pranzo gli è andato di traverso”. Disse anche che fin da piccolo Fra Martino non gli trasmetteva serenità, ma gli sembrava profondamente tragico, e che allora già intuiva come avrebbe potuto trasformarlo. Inoltre, durante la composizione gli venne in mente dapprima la seconda parte del movimento e soltanto in seguito, mentre era in cerca dell’inizio, gli risuonò nell’orecchio il canone Fra Martino […].

    Mahler compose tutta la sinfonia a Lipsia nell’arco di sei settimane, contemporaneamente alla sua attività di direttore e alle prove. Vi lavorava appena alzato fino alle 10 e nelle serate libere.

    Nel mezzo – durante uno splendido marzo e aprile – faceva molte passeggiate nel Rosental. Come un regalo arrivarono le vacanze dovute alla morte dell’Imperatore Guglielmo I: dieci giorni che sfruttò al massimo.

    […] Sugli armonici del primo movimento Mahler mi disse: “quando a Pest sentii il la in tutti i registri, esso mi parve troppo materiale per raggiungere quello sfavillio e tremolio dell’aria a cui pensavo. Allora mi venne in mente di dare armonici a tutti gli archi, dai violini acutissimi fino ai contrabbassi nel grave, che sono pure in grado di produrre armonici: avevo finalmente quel che volevo”. Il divino postludio dei violini dell’ultimo movimento venne in mente a Mahler durante una serata trascorsa a casa della famiglia Stägemann. Andò nella stanza vicina e se lo annotò di getto. E nel mezzo della cena, incurante degli invitati attoniti e po’ offesi, scappò via. E poco gli importò che la considerarono una stranezza d’artista. Dissi a Mahler quale incredibile effetto suscitasse ogni volta su di me il primo movimento e in particolare il Fra Martino. “E deve farlo”, mi rispose; “è dovuto al modo in cui tratto gli strumenti, che nel primo movimento spariscono completamente in un mare abbagliante di suoni – così come l’astro splendente svanisce dietro al bagliore che sprigiona”. […]

    In generale Mahler disse ancora della Sinfonia: “Tra tutte è la più spensierata e impertinente. Ingenuo com’ero, la ritenevo facilissima sia per i musicisti sia per il pubblico e pensavo che avrebbe avuto talmente tanto successo da permettermi di vivere e comporre grazie ai suoi diritti. Quanto grande fu la sorpresa e la delusione, quando si verificò il contrario! Dopo che la eseguii per la prima volta a Budapest, gli amici mi evitarono timorosamente; nessuno ebbe il coraggio di parlare con me dell’opera e dell’esecuzione, ed io me ne andavo in giro come un malato, un proscritto. E come furono le critiche, potrai ben immaginarlo” […].

    Natalie Bauer-Lechner. Erinnerungen an Gustav Mahler, E. P. Tal & Co. Verlag,
    Leipzig-Wien-Zürich 1923. Traduzione di Pio Nuvole

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