Georges Prêtre: Brahms Sinfonia n. 4 op. 98

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    AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA Sala Santa Cecilia
    Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

    Direttore
    Georges Prêtre

    Sinfonia n. 4 in mi minore op. 98
    Allegro non troppo
    Andante moderato
    Allegro giocoso
    Allegro energico e passionato

    Data di composizione
    1884 - 1885
    Prima esecuzione
    Meiningen, 25 ottobre 1885
    Direttore
    Hans von Bülow
    Organico
    Ottavino, 2 Flauti, 2 Oboi,
    2 Clarinetti, 2 Fagotti,
    Controfagotto, 4 Corni,
    2 Trombe, 3 Tromboni,
    Timpani, Triangolo, Archi

     

    La Quarta sinfonia di Brahms
    di Giorgio Pestelli
    Tratto dal programma di sala dell’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia

    Nel 1884, appena un anno dopo la composizione della Terza Sinfonia, Brahms si mise al lavoro per quella che doveva essere la sua ultima Sinfonia, la Quarta, in mi minore, composta nelle due estati del 1884 e ’85 a Mürzzuschlag in Stiria; gli stretti rapporti intrattenuti in quegli anni con la corte e l’eccellente orchestra di Meiningen dovettero influire sulla decisione di completare così il suo patrimonio sinfonico. La prima esecuzione ebbe luogo appunto a Meiningen il 25 ottobre del 1885 sotto la direzione dell’autore; malgrado lo scetticismo di Brahms, che non la considerava un’opera di facile presa sul pubblico, la Quarta sollevò immediata ammirazione, ripetutasi puntualmente ad ogni esecuzione di una tournée in Germania e Olanda dell’Orchestra di Meiningen guidata dal suo direttore stabile Hans von Bülow. Solo a Vienna, al solito guardinga verso ogni novità, la nuova composizione fu accolta con qualche perplessità nel gennaio 1886, in una esecuzione (a quanto pare non preceduta da un numero sufficiente di prove) diretta da Hans Richter che guidò la prima esecuzione a Londra, nel maggio dello stesso 1886, con l’opera ancora manoscritta, e che dirigerà ancora la Quarta a Vienna nel marzo 1897: questa volta con enorme successo, dovuto anche alla presenza in sala di Brahms, sua ultima apparizione pubblica pochi giorni prima della morte; seminascosto in un palco del Musikverein, fu intravisto dal pubblico e dai musicisti in orchestra e salutato da una travolgente ovazione di simpatia e affetto, forse la più trionfale di tutta la sua carriera.

    La sequenza dei quattro movimenti tradizionali della Sinfonia nella seconda metà dell’Ottocento era stata sentita dai compositori più avvertiti come un limite da fondere in una cornice più originale; era stata la Nona Sinfonia di Beethoven a condizionare il campo; in qualche modo, le sinfonie “romantiche” di Schubert, Mendelssohn e Schumann prendono le mosse da prima di Beethoven e il confronto diventa diretto, tanti anni dopo, solo con Brahms; e anche se pochi come lui erano disposti a lasciarsi impressionare da pregiudizi innovativi, la sua Prima Sinfonia aveva mostrato qualche attenzione all’originalità di immediata percezione; e anche la Terza offriva un piccolo omaggio alla forma ciclica con la conclusione che riprende la fine del primo movimento. Ma per la Quarta Sinfonia gli stimoli verso novità di superficie tacciono del tutto: Wagner era morto nel 1883 e suoi ferventi seguaci, come Bruckner o Hugo Wolf, erano avvertiti con troppa distanza da Brahms per trarne incitamenti alla modernità: nella Quarta Sinfonia conta soprattutto lo scavo interiore, la ricerca personale, condotta con tratti di “musica reservata” incuranti del mondo esteriore.

    Il quale tuttavia penetra (e come!) nell’opera mirabile. All’epoca della Quarta Sinfonia Brahms aveva solo cinquant’anni (anche se tutti tendiamo a pensarlo più vecchio), e sotto il clima crepuscolare di Fontane o Storm, sotto la cappa della finis Austriae, si muove in realtà una esuberante energia inventiva; c’è dentro un cifrato virtuosismo, quello di toccare livelli linguistici plurimi e di tenere assieme le cose più disparate: incominciando dagli estremi della più disarmata semplicità (l’esordio del primo movimento) e del più complesso lavoro compositivo (le variazioni sul tema di Ciaccona nel finale). Con suprema sprezzatura la semplicità è esibita (l’opera doveva incominciare con due accordi introduttivi, poi soppressi a favore dell’immediata apparizione del tema orecchiabile), mentre la dottrina è nascosta: il tema della Ciaccona, derivato dalla Cantata BWV 150 di Bach, compare non meno di trenta volte, ma l’attenzione dell’ascoltatore non è mai convogliata lì sopra.

    Scoperta cantabilità e contrappunto bachiano sono solo due poli del plurilinguismo della Quarta; un altro è il carattere zigano- ungherese di pizzicati e ritmi sincopati (nel primo movimento), miracolosamente assorbito nell’equilibrio del sonatismo classico che, diversamente dalle altre tre Sinfonie, impone la sua struttura anche ai due movimenti centrali. Anche senza il sensuoso timbro del corno inglese, anche senza il fascino delle arpe, l’orchestra della Quarta Sinfonia in alcuni momenti sembra preannunciare Debussy per il carattere di macchia sonora ottenuto con la scrittura intrecciata, in pianissimo, di viole e violini divisi; nel meraviglioso Andante moderato, dopo l’appello del corno, quasi eco dell’età dell’oro romantica, nessun nuovo suono si fa avanti senza che l’ultimo della frase precedente sia svanito, in un trascolorare di conclusioni dilazionate, nota su nota, timbro su timbro.

    Il finale è l’esempio sommo di quella tecnica brahmsiana che Schönberg chiamerà della “developing variation” (“variazione sviluppante”, oppure, parafrasando: di accumulazione e fusione fra i due princìpi diversi dello sviluppo e della variazione), convalidandola con il crisma della modernità più scaltrita; ma in Brahms non c’è ombra di intellettualismo combinatorio e il suo traguardo (come per altro nei finali della Sinfonia “Jupiter” di Mozart e della “Eroica” di Beethoven) sarà quello di collegare momenti poetici pregnanti e in sé conclusi con la forma ternaria generale, ribadita a un certo punto dallo scoccare di una “ripresa”. Piuttosto, molte e più profonde novità si nascondono in particolari metrici: come attestano alcune frasi, specie degli archi, che in appassionati intervalli ascendenti di settima e ottava, tendono a slanciarsi oltre la gabbia della battuta in 3/4, allacciandosi in enjambements di grande respiro. Essere “moderni” non era una preoccupazione per il Brahms della Quarta Sinfonia: stringere assieme cultura e spontaneità, passato e presente, caratteristico e universale era un campo più allettante, e la felicità stilistica di quella sintesi resta una testimonianza non più superata dall’“eroismo borghese” di Brahms.

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